Cos’è un hard bounce nelle email
Un hard bounce è un errore permanente di consegna che si verifica quando un’email non può essere recapitata al destinatario. Segnala un ostacolo definitivo: il messaggio non arriverà mai a destinazione.
In gergo tecnico, l’email “rimbalza indietro” al mittente con un messaggio d’errore SMTP. Gli ESP (Email Service Provider) escludono automaticamente gli indirizzi hard bounced dalle future campagne per proteggere la reputazione del mittente.
Differenza tra hard bounce e soft bounce
È fondamentale distinguere l’hard bounce dal soft bounce, che indica un problema temporaneo (es. casella piena o server momentaneamente offline) che può risolversi con un nuovo invio.
L’hard bounce, invece, è definitivo e richiede la rimozione immediata dalla lista.

Mentre il soft bounce è recuperabile e può risolversi con un nuovo invio, l’hard bounce va gestito con attenzione, rimuovendo subito l’indirizzo dalla lista per evitare impatti negativi (quando gli ESP non lo fanno in automatico).
Perché si verifica un hard bounce
Un hard bounce si verifica quando il server destinatario rifiuta in modo permanente la consegna del messaggio.
Le cause sono legate principalmente alla qualità della lista contatti o alla reputazione dell’infrastruttura di invio.
Ecco le cause più comuni, con esempi pratici:
- Indirizzi email non validi: L’indirizzo è inesistente, contiene un errore di battitura, o è stato generato in modo errato.
Esempio: Invece di nome@gmail.com, viene digitato nome@gmial.com → il server non riconosce il dominio e rifiuta l’email.
- Domini scaduti o inesistenti: L’azienda ha chiuso o non ha rinnovato il dominio web; gli indirizzi associati non sono più raggiungibili.
Esempio: Inviare a info@azienda-chiusa.it → il dominio non esiste più.
- Rifiuto del server destinatario (blacklist o policy anti-spam): Se il tuo dominio o IP è stato segnalato come sospetto o inserito in una blacklist, il server di destinazione può rifiutare automaticamente l’email per motivi di sicurezza.
Un tasso elevato di hard bounce è un segnale negativo per i provider, che potrebbero penalizzare l’intero dominio di invio, riducendo le future possibilità di finire in inbox.
Le conseguenze di un hard bounce sulle tue campagne
Anche se il singolo rimbalzo può sembrare innocuo, il suo accumulo genera danni sia in termini di performance che di reputazione tecnica.
Quando gli hard bounce si accumulano infatti l’intera efficacia delle tue campagne email può essere compromessa. Ecco le principali conseguenze che dovresti tenere sotto controllo:
- Deliverability: più sono gli hard bounce, più i tuoi messaggi finiranno in spam o non verranno recapitati.
- Reputazione dell’IP o del dominio: i provider (Gmail, Outlook, Yahoo…) monitorano le email inviate. Troppe email rimbalzate fanno pensare a un comportamento spammy.
- Blacklist: se invii regolarmente a indirizzi non validi, rischi di finire in liste di blocco pubbliche (come Spamhaus) e non poter più contattare i tuoi destinatari.
Un tasso di bounce accettabile dovrebbe essere inferiore al 2%. Valori superiori richiedono interventi immediati.
La differenza tra ESP e ISP: chi ti penalizza
È importante distinguere tra l’ESP (Email Service Provider), come Mailchimp, ActiveCampaign che usi per inviare e i Mailbox Provider (o webmail provider), come Gmail, Outlook.com e Yahoo, che ricevono e filtrano le email.
Gli hard bounce impattano su entrambi i fronti:
- L’ESP ti penalizza
Il tuo strumento di invio sopprime automaticamente i contatti che generano hard bounce per proteggere la reputazione d’invio (soprattutto su IP condivisi). Se il fenomeno si ripete (tassi di bounce elevati, reclami, invii a liste di bassa qualità), l’ESP può limitare la velocità di invio, sospendere le campagne o, nei casi gravi, bloccare l’account.
- MBP ti penalizza
I provider di ricezione considerano un alto tasso di unknown users (tipico degli hard bounce) come segnale di scarsa pulizia della lista. Insieme ad altri fattori (reclami spam, basso engagement, assenza di SPF/DKIM/DMARC), questo peggiora la reputazione del mittente e può portare a consegna in spam o blocchi temporanei.

In sintesi, l’ESP tutela il proprio ecosistema limitandoti quando mandi a indirizzi scadenti; i Mailbox Provider decidono dove recapitare (inbox, spam) o se recapitare, in base alla reputazione complessiva, a cui gli hard bounce contribuiscono in modo significativo.
Come prevenire gli hard bounce nelle tue strategie di email marketing
La buona notizia è che gli hard bounce non sono inevitabili: con una gestione attenta e strumenti adeguati, è possibile prevenirli in larga parte.
Questo significa migliorare non solo la consegna delle email (deliverability), ma anche la reputazione del tuo dominio, riducendo il rischio di penalizzazioni future.
Prevenire gli hard bounce è un’attività strategica che richiede attenzione alla qualità dei dati, alla pulizia periodica delle liste e l’impiego di strumenti professionali
È una pratica fondamentale per ogni azienda che investe nell’email marketing come canale di acquisizione o fidelizzazione.
Verifica degli indirizzi, pulizia liste e strumenti utili
- Verifica preventiva degli indirizzi email: usa strumenti come ZeroBounce, NeverBounce, EmailListVerify per controllare la validità degli indirizzi prima di inviare.
- Rimozione automatica degli hard bounce: imposta regole sui tuoi tool (Mailchimp, Brevo, Klaviyo…) per escludere automaticamente i contatti che rimbalzano.
- Pulizia regolare della lista: elimina i contatti inattivi o inattendibili ogni 3-6 mesi.
- Costruisci la tua lista in modo organico: evita database acquistati o scraping selvaggio. Il consenso esplicito è fondamentale (anche in ottica GDPR).
Consiglio pratico: usa il double opt-in per assicurarti che gli indirizzi inseriti siano reali e attivi. È un piccolo ostacolo in più, ma migliora la qualità della lista e riduce i bounce.
Segmentazione e test per proteggere l’IP
La prevenzione non è solo una questione di pulizia, ma anche di strategia di invio.
Se hai una lista contatti ampia e non hai inviato email per molto tempo, inviare una campagna completa in una sola volta è rischioso.
Per mitigare questo rischio, è fondamentale utilizzare le tecniche di testing e segmentazione:
- Riscaldamento dell’IP e del dominio: se usi un nuovo IP o una lista inattiva, inizia inviando solo a un piccolo segmento di contatti molto attivi (“caldi”) per costruire fiducia presso i provider prima di aumentare il volume totale.
- Segmentazione per engagement: segmenta la tua lista in base all’attività. Privilegia i contatti attivi per le newsletter importanti. Riserva i segmenti “freddi” (che non interagiscono da 6+ mesi) solo per campagne di riattivazione mirate, evitando di sprecare l’efficacia delle tue campagne migliori.
Controlla la tua reputazione con Google Postmaster Tools
Se invii volumi significativi di email, strumenti come Google Postmaster Tools sono alleati preziosi: ti permettono di monitorare la reputazione del tuo dominio, controllare i tassi di spam, l’autenticazione SPF/DKIM, e rilevare eventuali problemi di deliverability.
Uno sguardo periodico a questi dati ti aiuta a intervenire prima che un aumento di hard bounce o segnalazioni comprometta la tua reputazione.
Il bounce zero: l’email che inaugurò gli errori digitali
Nel 1971, Ray Tomlinson, il padre dell’email, inviò il primo messaggio di posta elettronica tra due computer connessi in rete ARPANET. Quello che pochi sanno è che uno dei primi messaggi “falliti”, ovvero non consegnati correttamente, fu proprio un proto-bounce.
L’errore fu causato da un’impostazione errata del percorso di consegna tra due macchine PDP-10. La macchina di destinazione non era configurata per ricevere email, e il sistema restituì un messaggio simile a un moderno “Delivery Failure”.
È da lì che nacque il concetto di email bounce, poi formalizzato con i codici SMTP (come il famigerato 550: user not found).
Oggi i bounce sono gestiti automaticamente dai server e monitorati costantemente, ma l’idea di un messaggio che non arriva mai a destinazione è nata con l’email stessa.
Un piccolo incidente tecnico che ha segnato la storia della comunicazione digitale.
I codici dietro l’hard bounce
L’errore “delivery failure” è stato formalizzato in centinaia di codici, ma tutti i riscontri permanenti rientrano nella serie “5xx” dei codici SMTP (Simple Mail Transfer Protocol).
In particolare, i codici più comuni che indicano un hard bounce sono:
- 550: Requested action not taken: mailbox unavailable (Il codice standard per “utente non trovato” o casella disattivata).
- 553: Requested action not taken: mailbox name not allowed (Spesso usato quando l’indirizzo ha una sintassi vietata o non esiste nel dominio).
- 554: Transaction failed (Un errore generico, ma spesso un segnale di rifiuto permanente per motivi di policy o blacklist).
Capire che il tuo ESP converte questi codici tecnici in un semplice “hard bounce” ti aiuta a comprendere il livello di dettaglio che in realtà i server utilizzano per classificare il fallimento di una consegna.
Conclusioni: l’hard bounce come segnale, non come fallimento
Un hard bounce non è solo un errore tecnico: è un campanello d’allarme che ti invita a verificare la qualità dei tuoi contatti, migliorare la deliverability e mantenere una reputazione di dominio solida.
Gestirlo nel modo corretto significa proteggere la credibilità del tuo brand, ottimizzare le performance delle campagne e garantire che i tuoi messaggi raggiungano davvero le persone giuste.
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